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Aspetti del paesaggio geologico del Recoarese nelle Piccole Dolomiti Vicentine

Un focus nell’alta Valle dell’Agno, nella Val Leogra e nella Val Posina.


Numerosi sono gli aspetti naturalistici che contraddistinguono la provincia di Vicenza. Uno di essi è senz’altro il paesaggio geologico che caratterizza l’area del Recoarese, termine usato in geologia per descrivere la porzione di territorio che comprende l’alta Valle dell’Agno, la Val Leogra e la Val Posina, ovvero la parte meridionale del Sudalpino.

L’importanza naturalistica del paesaggio geologico di quest’area assume delle spettacolari peculiarità: in essa si possono osservare gli affioramenti del basamento cristallino, porzione metamorfica di oltre 300 milioni di anni sulla quale poggiano una serie di successioni stratigrafiche che con continuità raccontano la storia geologica di questo territorio.


La successione stratigrafica


Alla base della successione stratigrafica si trovano le filladi quarzifere del basamento cristallino, delle rocce metamorfiche generatesi dal metamorfismo regionale durante la formazione dell’antica catena Ercinica, assai diffuse nell’alta Val Leogra e nell’area di Recoaro; sono le rocce più antiche che incontriamo nel Vicentino.

Esse sono scistose e molto laminate, dal colore tipico verde grigiastro, talvolta anche grigio giallastro. La loro componente mineralogica tipica è formata da quarzo (talvolta in lenti copiose), clorite, mica chiara e albite; interessante da segnalare il ritrovamento, nella matrice delle filladi della zona di Recoaro, di minerali quali pirite e magnetite.


Foto n. 1 - Filladi quarzifere
Filladi quarzifere

Successivamente alle filladi troviamo le arenarie di Val Gardena, rocce sedimentarie dal colore prevalentemente rossastro, ma talvolta anche gialle e giallo grigiastre, la cui origine ebbe inizio circa 250 milioni di anni fa grazie all’opera erosiva dei corsi d’acqua del Permiano.

Questi corsi d'acqua trasportarono e depositarono enormi quantità di sedimenti sotto forma di sabbia variegata, che nel corso della loro litogenesi formarono queste interessanti rocce quarzoso-feldspatiche. Caratteristici sono gli affioramenti nei pressi di contrada Cortiana, nel comune di Valli del Pasubio, dove fino al primo dopoguerra veniva cavata, perlopiù in sotterraneo, dell’arenaria compatta e ricca di quarzo, la quale era utilizzata per la preparazione di mole per affilare gli utensili. Caratteristico è il lastricato di una breve stradina in contrada, costruito con le mole in disuso. Nelle arenarie della Val Leogra sono stati ritrovati minerali di aragonite, azzurrite, gesso, pirite e, negli strati carboniosi, dei minerali molto particolari quali adamite, clinotirolite, calcocite e brookite. Di notevole interesse scientifico sono stati i ritrovamenti di contro-impronte fossili di piccoli rettili presso Merendaore nel comune di Recoaro Terme e presso contrada Cortiana.


Arenarie di Val Gardena
Arenarie di Val Gardena

A seguire troviamo la formazione a Bellerophon, anch’essa costituita da rocce sedimentarie che si sono formate verso la fine del Permiano e l’inizio del Triassico. Tutta l’area interessata era in condizioni continentali, la quale venne progressivamente occupata dal mare che invase la terraferma provenendo da est. Questo mare poco profondo indirettamente provocò la deposizione di una serie di rocce, in prevalenza dolomie di colore grigio più o meno scuro e di aspetto terroso che prendono il nome dal gasteropode fossile Bellerophon, del tutto introvabile al loro interno.


Formazione a Bellerophon
Formazione a Bellerophon

Successivamente alla formazione a Bellerophon sono presenti dei depositi sedimentari che prendono il nome di formazione di Werfen: rocce stratificate, siltiti di colore rossastro, giallastro, ricche di mica, nelle quali possiamo trovare anche degli strati marnosi, dolomitici e calcarei di color giallo e grigio chiaro. Esse si sono originate verso l’inizio dell’era triassica in un clima equatoriale e in un mare poco profondo, caratterizzato da apporti terrigeni e dalla formazione di bacini costieri soggetti a forte evaporazione. Questo portò alla formazione di gessi, le cui tracce sono ancora presenti. Negli strati della formazione di Werfen sono stati trovati interessanti ripple-marks (increspature della sabbia fossile) sia da onda che da corrente, mudcracks (fessurazioni di disseccamento), bioturbazioni e tracce di tetrapodi.

Ripple-marks
Ripple-marks

Da segnalare la presenza nella Val Leogra del conglomerato del monte Naro, costituito da brecce contenenti frammenti del basamento cristallino, arenarie e siltiti.


Conglomerato del monte Naro
Conglomerato del monte Naro

A seguire nella successione stratigrafica vi è la dolomia del Serla, una roccia sedimentaria di origine carbonatica originata in una fase geologica dove, cessato l’arrivo di materiali detritici dalla terraferma al mare, si formò un deposito di rocce carbonatiche/dolomie stratificate e prive di materiali argillosi. Queste rocce sono dolomie prive di fossili, in quanto formatesi in mare poco profondo con piane di marea e acque sovra-salate, che costituivano un ambiente sfavorevole alla vita. Esse sono di colore grigio o biancastro e a volte assumono aspetti cavernosi.


Proseguendo nella successione stratigrafica troviamo delle rocce sedimentarie originate in un ambiente lagunare più o meno profondo, collocato lungo delle fasce costiere e caratterizzato da depostiti fangosi grazie all’apporto di sedimenti da parte dei fiumi: la cosiddetta formazione a Gracilis che prende il nome dal crinoide Dadocrinus gracilis. Le rocce che costituiscono questa formazione sono rappresentate da calcari marnosi, fittamente stratificati, a volte nodulari, grigiastri. Notevole è la presenza di numerose tracce fossili: oltre ai crinoidi, sono presenti lamellibranchi, gasteropodi e ofiuroidi. Nei pressi di località Rotolon nell’alta Valle dell’Agno, sugli strati della formazione a Gracilis si rinvengono depositi di gessi e argilliti gessifere.


Le lagune che si sono formate nella formazione a Gracilis pian piano subiscono un progressivo interramento da parte degli apporti terrigeni fluviali, formando così delle paludi salmastre nelle quali si depositarono gli strati a Voltzia, che prendono il nome dai resti fossili della conifera Voltzia recubarensis, delle facies terrigene costituite da arenarie, siltiti, peliti e calcari marnosi. Talvolta notevole è la presenza di parte di apparati radicali e di strobili di Voltzia recubarensis, oltre a resti di molluschi e tracce di impronte di archeosauri.


Successivamente incontriamo la formazione del calcare di Recoaro, la quale è l’unità stratigrafica triassica del Recoarese fra le più conosciute. Queste rocce si sono formate e depositate in un bacino marino non molto profondo, una laguna più o meno aperta, con scarsi apporti terrigeni e con scarpate su cui attecchivano coralli e spugne. I fossili contenuti in queste rocce sono rappresentati da brachiopodi, gasteropodi, bivalvi e altri organismi.


A seguito di una fase regressiva del mare dovuta a un abbassamento eustatico emerge la piattaforma carbonatica del calcare di Recoaro, la quale è soggetta a erosione superficiale; successivamente avvengo dei depositi fluviali di materiale clastico più o meno grossolano, accompagnati in parte da arenarie molto fini e da siltiti rossastre. Queste formazioni prendono il nome di conglomerato del Tretto. Notevoli sono gli affioramenti che si possono osservare lungo la strada che porta all’abitato di Sant’Ulderico nel Tretto di Schio.


Conglomerato del Tretto
Conglomerato del Tretto

Dopo la fase regressiva che ha interessato il deposito del conglomerato del Tretto vi è un nuovo innalzamento del livello del mare con il conseguente deposito di una formazione carbonatica nota come calcare a Sturia. Tale appellativo deriva dal ritrovamento nell’area del Tretto di un solo esemplare dell’ammonite Sturia sansovinii. Queste rocce sono costituite da calcari terrigeni, dal colore scuro e fetidi se soggetti a percussione. Si sono sedimentate in un ambiente marino lagunare poco profondo, nel quale vi era una scarsità di ossigeno nel fondale; nonostante ciò, talvolta in queste rocce è possibile trovare diversi microfossili.


A fare da transizione al calcare a Sturia, vi è la formazione del calcare di Monte Spitz, rocce sedimentarie che si sono formate in ambiente marino con un deposito di piattaforma carbonatica. Questa è la testimonianza di un ambiente di sedimentazione in cui non vi era l’apporto di materiali terrigeni, pertanto queste rocce si sono formate in acque limpide e calde, dove intensa era la produzione di carbonato di calcio. Le rocce depositate sono calcaree, bianche di aspetto cristallino.


A interrompere la piattaforma carbonatica del calcare di Monte Spitz è la presenza di faglie sinsedimentarie, che provocano dei solchi allungati. In questi solchi avviene una sedimentazione in primis con dei calcari molto fini dove, successivamente, vi si depositano delle brecce grossolane seguite da accumuli di prodotti vulcanici. Tra questi trovano spazio anche dei calcari dal colore rosso e verde. Questa sedimentazione che si crea e si accumula in questi solchi viene chiamata formazione a Nodosus, nome che deriva dal ritrovamento dell’ammonite Ceratis nodosus, anche se di recente è stato accertato che il fossile trovato non corrisponde al Ceratis nodosus, bensì ad Austroceratis tornquisti.


Nella zona dell’alta Valle dell’Agno vi è un’area dove affiora la cosiddetta breccia di Fongara, una roccia formata dalla ricristallizzazione del calcare di Monte Spitz a causa di intrusioni vulcaniche. Essa è caratterizzata da clasti leggermente spigolosi e arrotondati, formati da elementi derivati dal calcare di Monte Spitz e da calcari rossastri della formazione a Nodosus.


Un aspetto molto interessante nel paesaggio geologico del Recoarese sono senza dubbio le cosiddette vulcaniti triassiche. Circa 230 milioni di anni fa, nel Triassico, fanno la loro comparsa i vulcani e questo vulcanesimo coinvolge completamente il Recoarese, dove si ha una deposizione di centinaia di metri di spessore di lave. Queste lave furono accompagnate da fluidi idrotermali ricchi di minerali perlopiù metalliferi, che hanno generato rocce vulcaniche effusive, le quali, a contatto con le rocce carbonatiche già esistenti, hanno originato un metamorfismo di contatto che ha dettato le caratteristiche mineralogiche tipiche della Val Mercanti a Torrebelvicino, dove fin dal passato l’area è stata sfruttata per i suoi minerali metalliferi, ma non solo. Degno di nota è il primo ritrovamento su scala mondiale del minerale Montetrisaite nelle gallerie dell’omonima collina chiamata Monte Trisa; non da meno è il vicino Monte Civillina, famoso per le sue mineralizzazioni a manganese. Tale monte è la località tipo del minerale Johannsenite. Nell’aera dei Pozzani del Tretto di Schio e in Val Mercanti a Torrebelvicino, le porfiriti triassiche risultano fortemente alterate, generando argille chiamate caolino, la cui estrazione è stata fino agli anni ‘60 del secolo scorso una fonte di reddito locale.


Mineralizzazioni Val Mercanti - Rosasite
Mineralizzazioni Val Mercanti - Rosasite

Successivamente un’importante fase tettonica pone fine all’intensa attività vulcanica, smembrando l’area in blocchi. Entrano in campo gli agenti della degradazione che in maniera molto lenta spianarono le strutture esistenti. I prodotti di questo spianamento generarono dei depositi denominati gruppo del Raibl. Queste rocce presentano un aspetto detritico, formate da conglomerati, arenarie, siltiti e da altri elementi di origine vulcano-detritica, dovuta allo spianamento dei materiali vulcanici triassici.


A concludere il periodo Triassico nel Recoarese, troviamo gli strati di dolomia principale deposta in un ambiente di piana di marea, che nel nostro territorio può assumere spessori anche di 900 metri. Questa formazione dà origine a rocce carbonatiche dal colore grigio biancastro, nocciola e rosato, che costituiscono l’ossatura e il cuore delle nostre montagne. Caratteristici fossili guida di queste rocce sono Wortenia contabulata e Neomegalodon gumbeli.


Di età giurassica inferiore troviamo la formazione dei calcari grigi, delle rocce calcaree dal colore grigio tendenti talvolta al color bianco nocciola; essi sono ben stratificati, intercalati da sottili strati marnosi a volte ricchi di resti vegetali. Interessante è la fauna fossile di questi calcari: tra i più frequenti vi sono brachiopodi, gasteropodi e lamellibranchi.


Di formazione marina pelagica, sono presenti gli affioramenti denominati rosso ammonitico, rocce costituite da calcari fini, dalla caratteristica nodulare e ben stratificati, dal tipico colore rossastro, talvolta rosa e in alcuni casi grigio chiaro. La fauna fossile al suo interno è caratterizzata dalla presenza di ammoniti, dei molluschi cefalopodi pelagici estinti.


Ammonite del rosso ammonitico
Ammonite del rosso ammonitico
Ammonite su pavimentazione stradale
Ammonite su pavimentazione stradale

Successivamente alla formazione del rosso ammonitico troviamo la maiolica ex biancone, costituita da rocce calcaree micritiche dal tipico colore bianco, molto stratificati, ricchi di lenti e noduli di selce. Tipicità del biancone è la frattura concoide. Negli strati superiori della maiolica sono presenti dei calcari debolmente marnosi intercalati a marne verdastre.

Nella parte superiore degli strati della maiolica vi sono degli strati calcarei molto scuri, in passato definiti bituminosi, ricchi di sostanza organica, fetidi se percossi, formatisi in ambiente privo di ossigeno, chiamati livello del Bonarelli. In questa formazione si possono trovare delle forme di pirite e marcasite molto particolari, talvolta globulari e di rado anche in forma reticolare. Di notevole interesse scientifico sono i minerali e i fossili rinvenuti durante la costruzione del traforo Schio-Valdagno; dei bei campioni di pirite e marcasite globulare sono conservati al Museo Geomineralogico di Schio, mentre dei pesci fossilizzati e mineralizzati a pirite/marcasite sono esposti al Museo Civico di Valdagno.


Dopo gli strati della maiolica è presente la scaglia rossa, costituita da calcari micritici ben stratificati dal tipico colore rosaceo. Anche questa formazione si è originata in ambiente espressamente pelagico.

Fanno la ricomparsa altre attività vulcaniche, che producono rocce denominate vulcaniti terziarie, caratterizzate da basalti di camino o di filone. Questi basalti spesso intrudono la successione stratigrafica già esistente, in particolare la dolomia principale, nella quale generano intensi fenomeni di metamorfismo di contatto, producendo marmi, i cosiddetti marmi a brucite o a grigio perla. In particolare, nella Val Posina hanno portato a delle attività di cava attive fino agli anni '60 del secolo scorso.


Cave marmo a grigio perla - Cava del nido d'aquila.
Cave marmo a grigio perla - Cava del nido d'aquila.

Di notevole interesse sono i minerali generati da questa attività metamorfica, bellissimi campioni di brucite, aragonite, magnetite, piroaurite, idromagnesite, granati, olivina e altri ancora sono presenti nei siti delle ex cave.


Minerali cave marmo a grigio perla - Idromagnesite
Idromagnesite da cave marmo a grigio perla

In successione stratigrafica si possono trovare dei calcari marnosi formati in un ambiente marino poco profondo, ricchi talvolta di nummuliti. Tali formazioni rocciose vengono chiamate formazione di Priabona.

Calcareniti bioclastiche più o meno grossolane dal colore chiaro, ricche di fossili soprattutto coralli, ma anche gasteropodi, echinidi e bivalvi prendono il nome di calcareniti di Castelgomberto. Si sono sedimentate in un ambiente marino di piattaforma carbonatica.


A conclusione della descrizione stratigrafica del paesaggio geologico del Recoarese, si possono osservare i cosiddetti depositi quaternari, ovvero materiali detritici di origine continentale che si sono depositati in vaste aree del territorio. Essi possono essere classificati in coltri eluviali, depositi colluviale e falde detritiche.


Testo e foto di Alessandro Sella



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